viernes, 30 de diciembre de 2011

LA BIRRETA

La birreta, que no debe ser confundida con otras tres prendas con nombres parecidos, como son el roquete, el birrete y el bonete. El primero nada tiene que ver con el género de los cubrecabezas.
La birreta y el birrete, en cambio, son particularizaciones del bonete, que es una especie de gorra, comúnmente de cuatro picos, usada por los eclesiásticos y seminaristas a partir del siglo XVI, y antiguamente por los colegiales y graduados. Representan la autoridad de quien las viste.




jueves, 29 de diciembre de 2011

ABSIDE DI SAN GIOVANNI LATERANO

La Croce, coefficiente costantiniano d'importanza nel mosaico absidale, posta sotto Vimago clypeata, d'oro e di pietre preziose (Crux gemmata), è trasformata in Crux triumphalis che, piantata sul monte, irrora il mondo con quattro fiumi, il Gion, il Fison, il Tigris e l'Eufratis i quali -presenti per la prima volta nell'arte- raffigurano, secondo san Paolino da Nola (epistola 32), i quattro evangeli. Il contorno di cervi e di agnelli che si abbeverano invita, secondo il salmista, a ricevere il battesimo sull'esempio del Salvatore che si fa battezzare nel Giordano, come raffigurato nel medaglioncino posto al centro della Croce. Il fiume Giordano, in memoria del battesimo del Cristo, vivacizzato da scene marittime dell'arte classica, che si rinviene in monumenti sacri d'epoca costantiniana, conclude la decorazione absidale. La teofania del Giordano, espressa dalla mano (dextera Patris, dextera Dei) - sostituita nel rifacimento di Leone XIII da un cherubino- dall'icona del Figlio e dalla colomba che manda i raggi, lo Spirito Santo, risplende sulla Croce e sul Battesimo, che dagli antichi autori è detto sacramentum Crucis.

miércoles, 28 de diciembre de 2011

ORIGEN Y FUNDAMENTO DE LA LITURGIA DE LAS HORAS.

LA LITURGIA DE LAS HORAS EN LAS IGLESIAS A TRAVÉS DE LOS SIGLOS
Una ojeada histórica es indispensable no sólo para captar las grandes líneas evolutivas que han llevado a las formas con que estamos familiarizados ahora, sino también para valorar la colocación de la LH en el cuadro de la existencia y de la misión de la iglesia.

martes, 27 de diciembre de 2011

LA LITURGIA DE LAS HORAS, EXPRESION PRIVILEGIADA DE LA ORACIÓN CRISTIANA

Existe la oración de los bautizados y la de los no bautizados. Una y otra pueden ser estrictamente privadas e individuales o bien revestir un carácter social, un desarrollo comunitario e incluso un valor oficial reconocido por la autoridad. La oración cristiana comunitaria puede limitarse a una forma devocional propia de estratos más o menos amplios, es decir, a una expresión religiosa vinculada únicamente a determinadas contingencias históricas populares o a factores culturales. En este caso se llama ejercicio piadoso o forma de piedad popular, más o menos acreditada por la autoridad.

lunes, 26 de diciembre de 2011

NOMENCLATURA DE LA LITURGIA DE LAS HORAS

Las denominaciones, al menos en el sector de la liturgia de que nos ocupamos, manifiestan la óptica con que se vio la Liturgia de las Horas en los diferentes momentos culturales.

1. LITURGIA DE LAS HORAS. Es el nombre del oficio divino editado por primera vez en 1959, acogido sucesivamente en diferentes publicaciones, escogido como altamente expresivo por las comisiones del Consilium para la puesta en práctica de la constitución Sacrosanctum concilium y consagrado finalmente por los documentos y por la edición oficial.

sábado, 24 de diciembre de 2011

EL SIGNIFICADO DE LAS CELEBRACIONES LITÚRGICAS NAVIDEÑAS

Monseñor Guido Marini, Maestro de las Celebraciones Litúrgicas Pontificias, señaló en una nota el significado y la importancia de algunos detalles, que caracterizan las celebraciones presididas por el Santo Padre en este Tiempo de Navidad.

Monseñor Marini pone de relieve que la estatua de madera, que representa a la Virgen con el Niño Dios, colocada en la Basílica de San Pedro, al lado del altar de la Confesión, subraya los lazos entre la Madre de Dios y el misterio de Cristo, que se renueva en el altar.


viernes, 23 de diciembre de 2011

ORIENTAMENTO ASTRONOMICO DELLE CHIESE

Prima del XII d.C. le Chiese erano edificate secondo i canoni costruttivi e soprattutto di orientamento, stabiliti già nelle Costituzioni Apostoliche redatte nei primi secoli del cristianesimo.
Sin dagli albori del cristianesimo era diffusa la tradizione di orientare i templi o più in generale i luoghi di culto verso la direzione cardinale est (Versus Solem Orientem) in quanto per i cristiani la salvezza era collegata alla generica direzione cardinale orientale.Infatti Gesù aveva come simbolo il Sole (Sol justitiae, Sol invictus, Sol salutis) e la direzione est era simbolizzata dalla croce, simbolo della vittoria.Nel Medioevo le chiese erano generalmente progettate a forma di croce, generalmente latina, con l'abside orientato ad est. L'ingresso principale era quindi posizionato sul lato occidentale, in corrispondenza dei piedi della croce in modo che i fedeli entrati nell'edificio camminassero verso oriente simboleggiando l'ascesa di Cristo. La direzione orientale corrisponde a quel segmento di orizzonte locale in cui i corpi celesti sorgono analogamente, dal punto di vista simbolico, alla stella della nascita di Cristo, nota come "la stella dell'est". Le chiese dovevano assolvere agli aspetti puramente liturgici quindi le istruzioni che venivano date agli architetti in fase di progettazione si basavano su tutta una serie di indicazioni tratti dalla simbologia liturgica della religione cristiana.

ANTONI GAUDÍ, “L’ARCHITETTO DI DIO” 7/7

La riscoperta è iniziata da non oltre mezzo secolo. Il merito spetta anche a Le Corbusier, il quale, già nel maggio del 1928, visitando i suoi lavori a Barcellona, l’aveva definito come colui che possedeva “la maggior forza architettonica tra gli uomini della sua generazione” e, nel 1957, “un uomo di una forza, fede e capacità tecnica straordinaria”. Il ‘nostro’ Bruno Zevi aveva riconosciuto, poi, come l’architettura del genio catalano fosse stata una delle radici dell’Espressionismo. A rivalutare la sua figura contribuirono, inoltre, i suoi conterranei Miró e Dalí, all’interno del movimento surrealista, ai quali egli seppe ispirare forme inedite, così strane e aggressive per l’immaginario contemporaneo.


IL CORPO IL VOLTO DI GESÚ NELL`ARTE


Nel pomeriggio di giovedì 4 febbraio nell'Ambasciata Italiana presso la Santa Sede sono state presentate le iniziative culturali di "Imago Veritatis" per la prossima ostensione della Sindone. In particolare la mostra "Gesù. Il volto, il corpo nell'arte" organizzata con la Reggia della Venaria Reale - dal 1 ° aprile al 1 ° agosto - e il concorso per le scuole piemontesi "L'uomo della Sindone". Sono intervenuti l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, Giuseppe Ghiberti, presidente della Commissione Sindone della diocesi di Torino, Andrea Gianni, presidente dell'Associazione Sant'Anselmo, Lucetta Scaraffia, dell'università di Roma La Sapienza, Alberto Vanelli, direttore della Venaria Reale e il curatore della mostra. Di quest'ultimo pubblichiamo l'intervento.

jueves, 22 de diciembre de 2011

LA CATEDRAL DESDE LA ARQUITECTURA ROMÁNICA A LA GÓTICA, EL TRASFONDO TEOLÓGICO

En las catequesis de las semanas anteriores presenté algunos aspectos de la teología medieval. Pero la fe cristiana, profundamente arraigada en los hombres y las mujeres de aquellos siglos, no dio origen solamente a obras maestras de la literatura teológica, del pensamiento y de la fe. Inspiró también una de las creaciones artísticas más elevadas de la civilización universal: las catedrales, verdadera gloria del Medievo cristiano. Durante casi tres siglos, a partir de comienzos del siglo XI, en Europa se asistió a un fervor artístico extraordinario. Un antiguo cronista describe así el entusiasmo y la laboriosidad de aquellos tiempos: "Sucedió que en todo el mundo, pero especialmente en Italia y en las Galias, se comenzaron a reconstruir las iglesias, aunque muchas de ellas, que todavía estaban en buenas condiciones, no necesitaban esa restauración. Era como una competición entre un pueblo y otro; parecía que el mundo, liberándose de los viejos andrajos, por todas partes quisiera revestirse del blanco vestido de nuevas iglesias. En definitiva, los fieles de entonces restauraron casi todas las iglesias catedrales, un gran número de iglesias monásticas e incluso oratorios de pueblo" (Rodolfo el Glabro, Historiarum 3, 4).

XVI Convegno Liturgico per Seminaristi


Roma, 28 – 30 dicembre 2011
Istituto Maria SS. Bambina
Via Paolo VI, 21


Il convegno è aperto ai seminaristi dei corsi di teologia ed agli alunni degli studentati religiosi
La quota di iscrizione è di Euro 40,00
Il costo del pacchetto comprensivo di quota di iscrizione e alloggio è di Euro 240,00
Per avere informazioni sulle modalità di iscrizione e sulla disponibilità delle stanze, si prega di contattare la Segreteria del CAL: tel. 06 4741870 - centroazioneliturgica@email.it

ANTONI GAUDÍ, “L’ARCHITETTO DI DIO” 6/7

Una delle poche passioni che Gaudí aveva conservato, nell’ultimo periodo della sua esistenza terrena, era l’amore per la musica. Alla fine della sua giornata di lavoro, specialmente la domenica, gli piaceva fare una lunga passeggiata a piedi che terminava all’oratorio di San Filippo Neri. Qui sostava in preghiera tutte le vigilie e si estasiava con la messa cantata. Considerava il canto gregoriano come un prolungamento della sua arte. O, piuttosto, il contrario, l’architettura era per lui una riproduzione in pietra del canto d’elogio che rappresentava il gregoriano. Il legame con l’Oratorio era rinforzato anche dalla presenza di un sacerdote singolare, il Padre Agustín Mas Folch, che era il suo direttore spirituale e che sarà ucciso nel 1937, durante la persecuzione religiosa. E sarà anche questa passione ad essergli fatale.





lunes, 19 de diciembre de 2011

ANTONI GAUDÍ, “L’ARCHITETTO DI DIO” 5/7

Dal 1914 Gaudí si dedicò esclusivamente ai lavori della Sagrada Família, la cui esecuzione doveva seguire la sua teoria secondo la quale “la retta è la linea degli uomini e la curva è la linea di Dio”. Nelle intenzioni dell’architetto, la chiesa, con il mutare delle sue forme, si sarebbe dovuta ispirare alla tradizione delle cattedrali gotiche, nelle quali generazioni di costruttori si succedevano, con la sovrapposizione di stili diversi. Il tempio, infatti, caratterizzato da una pianta a croce latina di cinque navate con tre di transetto, “sorge su una base neogotica e, attraverso portali Art Nouveau, termina con pinnacoli di stile cubista” (G. R. Collins).


ANTONI GAUDÍ, “L’ARCHITETTO DI DIO” 4/7

Tra il 1904 e il 1907, Gaudí ristrutturò la Casa Batlló – uno dei palazzi più enigmatici di Barcellona – ubicata nel Passeig de Gràcia, il grande e sontuoso viale alberato, una delle principali ed animate arterie dell’Eixample. (L’Eixample, letteralmente estensione, allargamento, è il piano di ampliamento che interessò una vasta area della città. Fu redatto nel 1859 dall’ingegner Ildefons Cerdà, per ospitare la borghesia che, intorno alla metà dell’Ottocento, stava abbandonando il nucleo più antico del Barri Gótic alla ricerca di un nuovo spazio urbano). Edificato su un terreno lungo e stretto, chiuso tra altri fabbricati, il palazzo articola la sua pianta intorno a due cavedi, completamente maiolicati e coperti da una vetrata.

ANTONI GAUDÍ, “L’ARCHITETTO DI DIO” 3/7


A partire dal 1900, il maestro catalano creò i propri capolavori, tutti sorti a Barcellona, se si eccettua il progetto della chiesa della Colònia Güell a Santa Coloma de Cervelló – singolare esempio di ardita e stravagante trasfigurazione fantastica dei materiali, per altro nei pressi della città – di cui fu costruita la sola cripta.

ANTONI GAUDÍ, “L’ARCHITETTO DI DIO” 2/7

Dopo un breve periodo di intensa partecipazione alla brillante vita mondana di Barcellona, Gaudí cambiò improvvisamente il suo stile di vita: divenne, infatti, schivo, dedito a dure penitenze, noncurante del successo. Secondo i biografi, questa è l’epoca in cui egli patì una delusione amorosa, che probabilmente causò il suo profondo cambio psicologico. Il 3 novembre 1883, a soli 31 anni, venne nominato architetto capo della costruzione in città del Temple Expiatori de la Sagrada Família, un edificio iniziato l’anno prima dall’architetto diocesano Francesc de Paula del Villar. Costui, in seguito a contrasti con l’architetto Joan Martorell, consigliere di Josep Maria Bocabella (fondatore dell’Associació Espiritual de Devots de Sant Josep, il sodalizio che aveva promosso la fabbrica del tempio), si era dimesso dopo pochi mesi, e così il giovane Gaudí, già collaboratore di Martorell, fu incaricato del progetto.

ANTONI GAUDÍ, “L’ARCHITETTO DI DIO” 1/7

“La creazione prosegue incessantemente attraverso l’uomo. Ma l’uomo non crea:
scopre. Coloro che ricreano le leggi della Natura per basare su esse le loro nuove
opere sono collaboratori del Creatore. Chi copia non collabora. Perciò, l’originalità
consiste nel ritorno alle origini” (A. GAUDÍ)

domingo, 18 de diciembre de 2011

SULLL'ADESIONE AL CONCILIO VATICANO II


Il cinquantesimo anniversario, ormai prossimo, della convocazione del concilio Vaticano II (25 dicembre 1961) è motivo di celebrazione ma anche di rinnovata riflessione sulla ricezione e applicazione dei documenti conciliari. Oltre agli aspetti più direttamente pratici di questa ricezione e applicazione, con le loro luci ed ombre, sembra opportuno ricordare anche la natura dell'adesione intellettuale dovuta agli insegnamenti del Concilio. Pur trattandosi di dottrina ben nota e sulla quale si dispone di abbondante bibliografia, non è superfluo ricordarla nei suoi tratti essenziali, tenuto conto della persistenza di perplessità manifestatesi, anche nell'opinione pubblica, riguardo alla continuità di alcuni insegnamenti conciliari rispetto ai precedenti insegnamenti del magistero della Chiesa. Innanzitutto non sembra inutile ricordare che l'intenzione pastorale del Concilio non significa che esso non sia dottrinale. Le prospettive pastorali si basano infatti, e non potrebbe essere diversamente, sulla dottrina. Ma occorre, soprattutto, ribadire che la dottrina è indirizzata alla salvezza, il suo insegnamento è parte integrante della pastorale. Inoltre, nei documenti conciliari è ovvio che ci sono molti insegnamenti di natura prettamente dottrinale: sulla divina Rivelazione, sulla Chiesa, ecc. Come scrisse il beato Giovanni Paolo II, "con l'aiuto di Dio i Padri conciliari hanno potuto elaborare, in quattro anni di lavoro, un considerevole complesso di esposizioni dottrinali e di direttive pastorali offerte a tutta la Chiesa" (costituzione apostolica Fidei depositum, 11 ottobre 1992, introduzione).

COMUNIÓN POR INTINCIÓN


La intinción es una de las formas por las cuales un comulgante puede recibir la sangre de Cristo. El sacerdote ofrece al comulgante la hostia empapada en la Sangre de Cristo.  

El ministro extraordinario de la Sagrada Comunión no está autorizado para hacer la intinción del pan en el vino bajo ninguna circunstancia. Si la comunión se distribuye por intinción, el ministro extraordinario puede ayudar al sacerdote, de la misma manera que un acólito instituido, sostiene el cáliz de manera que el sacerdote pueda mojar fácilmente la hostia en el cáliz y colcar la comunión en la lengua del comulgante.

sábado, 17 de diciembre de 2011

UMANESIMO E BELLEZZA IERI E OGGI - PROF. ANTONIO NATALI


UMANESIMO E BELLEZZA IERI E OGGI - CARD. GIANFRANCO RAVASI

Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, introduce il tema dell'evento fiorentino: La potenza della bellezza' evocata nel Siracide, ha ricordato il cardinale Ravasi, va riproposta al giorno d'oggi anche perché è oscura, 'capace di creare un fremito'. 'La bellezza ferisce, ma proprio così richiama l'uomo al suo destino ultimo', scriveva in un saggio il cardinale Ratzinger. Mentre il poeta rumeno Emil Cioran irrideva i teologi che perdono tempo a spiegare l'esistenza di Dio, quando basta un'opera di Bach a provarla. Senza l'arte Dio rischia di rimanere un'astrazione e la fede è incapace di parlare al cuore dell'uomo. Ma la bellezza, come condizione metafisica del bene, può e deve essere anche il territorio di incontro fra credenti e non-credenti, linguaggio universale di riscatto etico, per costruire un nuovo umanesimo. Bisogna superare la banalità, la mucillagine che è quell'indifferenza del nostro tempo che nulla assorbe e nulla ascolta E la forza della bellezza della parola deve lacerare questa barriera incolore e lagnosa.

ARCHITETTURA COME DELLA MEMORIA - MARIO BOTTA

LECTIO MAGISTRALIS DI MARIO BOTTA - FUNDAZIONE SACRO CUORE

LECTIO MAGISTRALIS DI MARIO BOTTA

Lectio Magistralis, dal titolo "Mario Botta: la nuova chiesa di San Rocco in Sambuceto ed altri progetti" tenuta dall'Architetto Mario Botta il 12 marzo a San Giovanni Teatino, in occasione della due-giorni di eventi conclusasi (il 13 marzo) con la Posa della Prima Pietra del nuovo Complesso Parrocchiale San Rocco.

jueves, 15 de diciembre de 2011

HORA EUCARÍSTICA - RECOMENDACIONES PRÁCTICAS

Les dejo las siguientes recomendaciones prácticas para que puedan preparar la hora eucarística.

No es conveniente que el guía utilice el ambón de la Iglesia que se usa para las lecturas durante la Misa. Es mejor colocar un atril fuera del presbiterio. Según la arquitectura del templo puede colocarse a uno de los lado de la nave, de forma perpendicular, de modo que no se de la espalda a la Eucaristía.

miércoles, 14 de diciembre de 2011

Los cuatro jinetes del Apocalipsis

Los cuatros jinetes del apocalipsis, son 4 alegorías o descripciones simbólicas que hablan sobre eventos que sucederán al final de los tiempos. La imagen de loa jinetes proviene de Zacarías 1, 8-10.


Los cuatro jinetes del Apocalipsis están descriptos en los capítulos 6,1-8. Los cuatro caballeros son descripciones simbólicas de diversos eventos que sucederán al final de los tiempos.

lunes, 12 de diciembre de 2011

ICONOGRAFÍA DE LA INMACULADA CONCEPCIÓN

Desde el punto de vista iconográfico, este tema aparece mucho después que las Vírgenes de Majestad y de Piedad, siendo casi extraño al arte de la Edad Media.
El dogma según el cual la Virgen María fue preservada por Dios del pecado original desde su concepción se proclamó en 1854, poniendo fin a una larga controversia que había comenzado en el siglo XII y tuvo su punto culminante en España en el siglo XVII. En el marco de la compleja y dilatada historia de la formación iconográfica de la Purísima hay varios momentos importantes.

domingo, 27 de noviembre de 2011

ADVIENTO

                                SUMARIO:
I.     Historia y significado del adviento.
II.  Estructura litúrgica del adviento en el misal de Pablo VI.
III.             Teología del adviento.
IV.             Espiritualidad del adviento.
V.  Pastoral del adviento.

I. Historia y significado del adviento
Son dudosos los verdaderos orígenes del adviento y escasos los conocimientos sobre el mismo. Habrá que distinguir entre elementos relativos a prácticas ascéticas y otros de carácter propiamente litúrgico; entre un adviento como preparación para la navidad y otro que celebra la venida gloriosa de Cristo (adviento escatológico). El adviento es un tiempo litúrgico típico de Occidente; Oriente cuenta sólo con una corta preparación de algunos días para la navidad.


LA VISION DE LA ESCALERA DE JACOB

TEXTO: Génesis 28:12-14 “Y soñó: y he aquí una escalera que estaba apoyada en tierra, y su extremo tocaba en el cielo; y he aquí ángeles de Dios que subían y descendían por ella. Y he aquí, Jehová estaba en lo alto de ella, el cual dijo: Yo soy Jehová, el Dios de Abraham tu padre, y el Dios de Isaac; la tierra en que estás acostado te la daré a ti y a tu descendencia. Será tu descendencia como el polvo de la tierra, y te extenderás al occidente, al oriente, al norte y al sur; y todas las familias de la tierra serán benditas en ti y en tu simiente.”
Propósito específico: Afirmar nuestra fe en el hecho de que la comunicación y toda bendicion espiritual entre Dios y los hombres, entre el cielo y la tierra es posible por medio de Jesucristo ¡La escalera de Jacob!.

CELEBRANDO COL CORO

     Or sono molti anni fa, nel 1877, in una piccola parrocchia lombarda venne costituita la «Società dei dilettanti di canto sacro», sotto l’immediata direzione del Parroco a cui i membri dovevano prestare obbedienza: nessuno poteva essere ricevuto nella Società senza la sua previa approvazione. Ecco uno stralcio del regolamento: «Tutti i membri della Società sono tenuti a intervenire ogni volta, così alla istruzione  come al canto in Chiesa o in processione, fuori del caso di malattia o di assenza dal paese per lavoro. Siccome troppo disdirebbe che un Cristiano, il quale ambisce di lodare Dio in Chiesa lo disonorasse poi fuori Chiesa, perciò i membri della società si obbligano in modo speciale a schivare il vizio della bestemmia (…), osservando le regole adottate dall’Associazione Cattolica contro la bestemmia». Udite poi quanto segue: «Ogni socio paga: a) All’atto di entrare nella Società L. 1; b) Per ogni giorno festivo di precetto, se adulto Centesimi 10, se fanciullo Cent. 5. Ogni socio che manca all’istruzione pagherà ogni volta Centesimi 15; mancando di intervenire al canto in Chiesa L. 1. I ragazzi pagheranno la metà. (…) È in potere del Parroco licenziare ed escludere dalla Società qualunque socio che con una condotta cattiva se ne rendesse indegno». Si suol dire: “Altri tempi!», ma è bene ritornarci per guardare con occhi giusti ad una realtà importante come il coro, piccolo o grande che sia, al servizio della partecipazione alle celebrazioni e della liturgia; di una liturgia “bella”, come? «Una liturgia bella non può essere definita - come sovente si pensa - “una bella funzione”, ma deve essere compresa come liturgia munita di quella bellezza che fa apparire la grazia di Dio. Una liturgia munita di bellezza non va a cercare aggiunte, decorazioni, ornamenti, pizzi da noi apposti, non si nutre di fasto, né abbisogna di ieraticità: (…) la bellezza della liturgia è quella di azioni, di gesti ‘umanissimi’, ‘reali’, strappati alla banalità, alla routine e resi eloquenti, carichi di significato; è la bellezza della materia chiamata, convocata a una trasfigurazione» (E. Bianchi). Quale il contributo del Coro a questa liturgia “bella”?

CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA

      «Nella nostra liturgia la parte di Cristo è così talmente reale, viva, presente e preponderante che, in fondo, non vi è nel mondo che un unico liturgo: Cristo, e un’unica liturgia: quella di Cristo (C. Vagaggini). È un’affermazione lapidaria che ci rimanda al rito liturgico attraverso il quale passa l’azione dell’“unico liturgo”. La domenica è il giorno che accoglie l’Eucaristia, il rito liturgico per eccellenza. Perciò, come già altri hanno fatto, anche noi osiamo proporre un decalogo per l’animazione della Messa della domenica. L’Eucaristia celebrata offre una varietà di elementi che hanno sempre bisogno di essere meglio compresi e di essere fatti comprendere, a partire da una saggia programmazione: annuncio, parola, musica, gesti e movimenti, sussidi e decorazioni come collegarli armonicamente e ‘realizzarli’ in autenticità liturgica? Possiamo evidenziare dieci attenzioni o atteggiamenti, da curare e da verificare con quel «rinnovato coraggio pastorale» di cui parlava Giovanni Paolo II.

LA MUSICA NELLA LITURGIA

          Se ‘ritornasse’ S. Agostino ed entrasse in una delle nostre chiese per partecipare alla Messa domenicale, quali canti - e come eseguiti - sentirebbe? Chissà se ne rimarrebbe commosso, così da ripetere le parole che leggiamo nelle sue Confessioni: «Mi ricordo le lagrime che versai ascoltando i canti della tua Chiesa al principio della mia conversione, e osservo che anche adesso sono commosso non dal canto ma dalle cose che si cantano, quando sono cantate con voce chiara e adattissima modulazione: riconosco di nuovo la grande utilità del canto ecclesiastico» ((X 33).

ALLA TAVOLA DELLA PAROLA

            Ne è passata dell’acqua sotto il ponte dal tempo in cui - perfino ai seminaristi -la Bibbia era vietata o si raccomandava perlomeno di guardarsene, per prudenza. Ora, ecco la “lectio divina”, i corsi biblici, gli incontri per i lettori, i laici insomma con la sacra Scrittura in mano. La ‘cassaforte’ è stata dissigillata, grazie al Concilio Vaticano II che ha aperto un tempo sorprendente, in cui la Bibbia è potuta diventare in larga misura ‘il libro della Chiesa’ : «Affinché la mensa della Parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia, di modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la parte più importante delle sante Scritture » (“Sacrosanctum Concilium”, n. 51). Cento e più sforzi sono stati fatti, mille sono ancora da compiere: ad esempio, per migliorare sia i commenti proposti dai libri che le proclamazioni fatte agli amboni; senza escludere la pazienza di vincere le ‘resistenze’ e le obiezioni a nuove traduzioni o letture e lezionari. Detto tra noi: è proprio vero che certe pagine bibliche - per la loro presunta ‘astrusità’ - sarebbe stato meglio non offrirle alla gente sulla tavola della Parola? Ma Dio è venuto a dirci delle cose ‘astruse’?


CELEBRAZIONE DELLA MESSA

Con una presentazione generica ma significativa, Plinio il Giovane (inizio II sec.) così definiva i primi cristiani: «Coloro che usano radunarsi in un giorno determinato». Come a quel “giorno determinato” vi si preparassero, non ci è dato di conoscerlo; quello però era il loro “Giorno”, il “Giorno dopo il sabato”, con il quale, celebrando il Signore risorto, hanno dato il via all’anno liturgico nel suo nucleo primordiale: la Domenica. Il cuore del “Giorno del Signore” era ed è la celebrazione dell’Eucaristia. Ci domandiamo, oggi, come dobbiamo arrivarci. Intenzionalmente il titolo di questa chiacchierata (non “prepariamo” bensì “prepariamoci”) vuole indicare una preparazione che va oltre le “cose” da fare: sono le “persone” che devono innanzi tutto predisporre se stesse, mentre predispongono tutto il necessario per una celebrazione degna del Dies Domini e, in esso, dell’Eucaristia. Preparare se stessi: è rendersi più pronti ad entrare in una nuova settimana, con il giorno di cui “non poter fare a meno” (come dissero i cristiani martiri di Abitene) e che apre un avvenire settimanale verso l’“ottavo giorno” intramontabile della Vita-del-mondo-che-verrà.

«VERSO IL POPOLO»

Non sono sopite le discussioni (e qualche polemica) circa la celebrazione liturgica “rivolta a”: rivolta a Dio, con il sacerdote presidente che volta le spalle all’assemblea; o rivolta all’assemblea, con il sacerdote presidente che ‘la guarda’. Non entriamo nel merito. Accenniamo soltanto che non è questione soprattutto di  corpo e di ‘spalle’ ma innanzi tutto di mente e di ‘cuore’: al Signore ci si rivolge “in spirito e verità”, sia personalmente che comunitariamente, comunque ci si ponga con il corpo davanti a lui, l’Onnipotente e il Presente. Tuttavia, una certa ‘riscoperta’ del corpo che partecipa alla liturgia - e alla liturgia come azione di tutta l’assemblea - ha suggerito una priorità, universalmente diffusa, quanto a postura del presidente dell’assemblea: la celebrazione liturgica «versus populum» (v. Ordinamento generale del Messale romano, n. 299). Leggiamo il paragrafo: «L’altare sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo». In riferimento poi alla sede del presidente: «La sede del sacerdote celebrante deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l’assemblea e di guidare la preghiera. Perciò la collocazione più adatta è quella rivolta al popolo» (n. 310). Etimologicamente, “presiedere” significa “stare (seduti) davanti”.

PRESIEDERE L’ASSEMBLEA

          Sembra inutile dire che primo ‘esempio di preghiera’ nella liturgia è colui che la presiede: il celebrante. Dire ‘esenpio di preghiera’ è affermare pure ‘capacità di presidenza’. Ascoltiamo, innanzi tutto, due testimonianze. La prima è di Papa Benedetto XVI il quale, dialogando con i presbiteri romani, ha detto fra l’altro: «Celebrare l’Eucaristia vuol dire pregare. Celebriamo l’Eucaristia in modo giusto, se col nostro pensiero e col nostro essere entriamo nelle parole, che la Chiesa ci propone. In esse è presente la preghiera di tutte le generazioni, le quali ci prendono con sé sulla via verso il Signore. E come sacerdoti siamo nella celebrazione eucaristica coloro che, con la loro preghiera, fanno strada alla preghiera dei fedeli di oggi. Se noi siamo interiormente uniti alle parole della preghiera, se da esse ci lasciamo guidare e trasformare, allora anche i fedeli trovano l’accesso a quelle parole.

viernes, 25 de noviembre de 2011

LA LITURGIA: UN’ARTE “VIRTUOSA”


    «Non abbiamo ancora recepito sufficientemente che la Chiesa annuncia soprattutto quando celebra: la celebrazione è l’annuncio più completo perché realizza ciò che proclama» (P. Borselli). Parole chiare e severe che giungono in primo luogo a coloro che sono chiamati alla presidenza della liturgia. Celebrare “in spirito e verità” dipende innanzi tutto da chi ha il compito - mai facile e comunque sempre perfezionabile - di presiedere: vescovo, presbitero, diacono, religioso/a ed anche laico/a. «Vi chiedo scusa - disse ai fedeli al termine della Messa un vescovo che l’aveva celebrata e presieduta assai bene - per le scorrettezze liturgiche eventualmente da voi osservate. Anch’io, quando non celebro, osservo i sacerdoti celebranti e ne rilevo i difetti!». A proposito dell’osservare i preti celebranti, capita di sentire qualcuno: «Quel prete dice bene la Messa», «Mi colpisce il modo tranquillo ed espressivo col quale proclama il Vangelo», «Perché il nostro Don non canta durante la Messa?» (ma… se fosse ‘stonato’?!). Anni fa, a noi seminaristi veniva detto: «La casa del sacerdote ha le pareti di vetro: tutti ci guardano dentro». Metaforicamente, questo vale anche per il suo modo di celebrare e di presiedere le azioni liturgiche. Al di là di critiche o di osservazioni superficiali, c’è un buon senso della fede - e della liturgia - che accompagna con esigenza la partecipazione alla preghiera della Chiesa.

I LAICI PER LA LITURGIA


            Dedichiamo qualche parola ai ministeri liturgici laicali. Della loro importanza si è parlato (e si deve parlare ancora di più) sia per la crescente mancanza di clero che, innanzi tutto, per la natura ‘sacerdotale’ propria dei laici in ragione del sacerdozio comune o battesimale. In causa sono chiamati i gruppi liturgici parrocchiali, le commissioni liturgiche decanali e tutti gli animatori della parola e della musica nella liturgia, che devono ricevere e si devono dare una costante premura formativa. Come di un fuoco che tende ad affievolirsi o a spegnersi se non persistentemente alimentato, così avviene dell’animazione e della stessa vita liturgica nelle assemblee e nelle comunità cristiane, se “cede” la formazione degli animatori a tutti i livelli e in tutti i ruoli: lettori, commentatori, cantori, direttori di coro, strumentisti, addetti all’accoglienza e al servizio, ministri straordinari della comunione eucaristica. 

IL «NON VERBALE» NELLA LITURGIA


            Quello che i Vescovi hanno detto alla Chiesa italiana, raccomandando una liturgia «seria, semplice e bella», è riassumibile in due parole: la solennità della semplicità. Proseguendo nelle nostre chiacchierate sul celebrare, vogliamo dare uno sguardo a ciò che fa da sfondo - per così dire - e da sostegno alle parole e ai gesti, che delle celebrazioni liturgiche costituiscono il fondamento: il “verbale” non può fare ameno del “non verbale”, in una solenne semplicità o, se si preferisce, in una solennità semplice. Tanto ci sarebbe da dire sul luogo, sull’arredo ed anche sull’abito nella liturgia: ben altro e ben meglio c’è da esporre su questi ‘segni’ e su questi temi; qui ci limitiamo al «qualcosa» su un insieme di elementi che, ordinati e coordinati con arte (anche questo fa parte dell’arte del celebrare) siano in grado di ‘dire’ e di ‘veicolare’ il Mistero celebrato.

RITO AMBROSIANO

La centralità dell'opera di Sant'Ambrogio per la Chiesa di Milano
Tra i tesori lasciati in eredità dai Padri, anche il rito liturgico chiamato per l’appunto “ambrosiano”: una particolare modalità con la quale la Chiesa di Milano celebra e rivive il mistero di salvezza. Molte particolarità risalgono proprio ad Ambrogio e ancor oggi, dopo milleseicento anni, si sono fedelmente conservate.
Papa Gregorio Magno in una lettera al clero di Milano del settembre dell’anno 600, confermando l’elezione del nuovo Vescovo appena avvenuta, lo definiva significativamente non tanto come successore, bensì come vicario di sant’Ambrogio. Veniva così in un certo senso rimarcata, proprio dall’autorità del pontefice romano, quella connessione strettissima tra la Chiesa di Milano e il suo patrono, quasi che fosse sempre lui, Ambrogio, a reggere il governo pastorale del suo popolo attraverso dei Vescovi che gli sarebbero succeduti lungo i secoli.

LE VESTI LITURGICHE SECONDO RATZINGER

Qualche tempo fa ha provocato una certa divertita perplessità in ambito giornalistico il fatto che la rivista statunitense "Esquire", nel suo annuale riconoscimento ai personaggi che incarnano l'epitome dell'eleganza, abbia indicato Benedetto XVI come l'uomo che meglio sceglie i suoi accessori di abbigliamento. Questa scelta, di una frivolezza molto caratteristica di un'epoca che tende a banalizzare ciò che non comprende, è avvenuta in un momento in cui Benedetto XVI aveva suscitato un'attenzione mediatica senza precedenti nel riprendere alcuni indumenti di radicata tradizione papale come il camauro, un copricapo invernale di velluto rosso bordato di ermellino, o il "saturno", un cappello a tesa larga che era già stato largamente utilizzato da alcuni suoi predecessori, come Giovanni XXIII.



jueves, 24 de noviembre de 2011

CELEBRAR CON « ARTE »


          Dicono i competenti che il termine “arte” ha origine dalla radice indoeuropea r’tam, che significa “mettere in ordine”. Secondo questa derivazione esula, come prima istanza, dal concetto di “arte” l’idea del ‘bello artistico’ nel nostro comune intendere culturale: il ‘bello’ dell’‘opera d’arte’ dei grandi pittori, scultori o architetti, ecc.


miércoles, 23 de noviembre de 2011

CELEBRARE È PREGARE?

          
             Iniziamo con una domanda provocatoria, il cui senso può emergere dalle prime battute. Va detto, anzitutto, che nemica del “celebrare con arte” è certamente la improvvisazione: per intenderci, l’arrivare in sacrestia e chiedersi (preti, ministranti e animatori): «Che cosa c’è da fare?».




LA MISA TRADICIONAL





Un PPS de Una Voce Sevilla con una breve explicación sobre la Santa Misa celebrada según la forma extraordinaria del Rito Romano

lunes, 21 de noviembre de 2011

CEREMONIAS DE LA MISA REZADA


SEGUN EL RITO ROMANO en su FORMA EXTRAORDINARIA
POR UN SACERDOTE DE LA FRATERNIDAD SACERDOTAL SAN PEDRO (FSSP)

CUM PERMISSU SUPERIORUM

Datum ex aedibus Fraternitatis Sacerdotalis Sancti Petri

Friburgi Helvetiae, die 19 mensis Septembris, A.D. 2007
Dr. Patrick du FAY de CHOISINET
Vicarius generalis

MODO DE SERVIR LA MISA TRIDENTINA


MODO DE SERVIR (AYUDAR) LA MISA REZADA
En la sacristía:
1 - Tradicionalmente el servicio del altar forma parte de las atribuciones proprias del clero, es decir de aquellos de entre los fieles que se han consagrado de manera pública al servicio del culto divino. Sin embargo desde hace siglos existe la praxis de confiar también a laicos el ejercicio de  ciertas funciones ligadas al servicio del altar, entre ellas el servicio de la Misa rezada.
         

MISA TRIDENTINA - PARTICULARIDADES DE LA MISA REQUIEM


PARTICULARIDADES DE LA MISA DE REQUIEM
La misa rezada de difuntos llamada también de Requiem a causa de las palabras con que empieza su introito comporta una serie de reglas especiales, a saber :
·                  Al principio de la misa se omite el salmo Judica me, es decir : después de decir la antífona Introíbo ad altare Dei y la respuesta del ministro, el celebrante prosigue diciendo inmediatamente Adjutorium nostrum in nómine Domini y el resto (Confíteor, etc.) como de ordinario.